venerdì 24 maggio 2013

Servi della Gleba

Il medico oggi in Italia è il servo della gleba del XXI° secolo.
Deve lavorare, produrre, e basta, senza lamentarsi o rivendicare diritti.
In cambio di uno stipendio, veramente misero, se commisurato alle responsabilità ed alle ore di lavoro effettivo, deve sottostare a turni di lavoro massacranti ed esporsi continuamente alla minacce di pazienti, giornalisti e tribunali.
Se un paziente muore, lui ne diventa, fino a prova contraria, il responsabile. La morte non è più accettata da nessuno, è divenuta un incidente, la conseguenza di un errore da parte di chi deve garantire l'immortalità, anche per persone che hanno sempre condotto uno stile di vita dissoluto, lontano  da quelle che sono le più banali regole dell'igiene alimentare e comportamentale.
Il medico non è una persona, non merita più rispetto da nessuno, ha sempre colpa lui, punto e basta. I pazienti che studiano le loro presunte malattie su internet pretendono di insegnare a questo ignorante come si dianostica e cura la loro malattia. E guai a contraddirli....
Tutto questo perchè non siamo uniti, ci facciamo dire e fare di tutto, indifesi, rassegnati e quasi inebetiti.


giovedì 17 gennaio 2013

Caso Cucchi: sorella, secondo periti morte per colpa medici, siamo al massacro.

Avevo qualche dubbio quando la vicenda di Stefano Cucchi veniva resa pubblica: vuoi vedere che alla fine i soli colpevoli saranno i medici che lo hanno seguito durante il ricovero? Nei giorni successivi il dubbio acquisiva sempre più concretezza: venivano  pubblicati su tutti i giornali i nomi dei medici coinvolti e trattati al pari dei peggiori sadici assassini. In pratica quello che emergeva era un'equipe medica impegnata a fare morire di fame e sete il povero Cucchi: un'approssimazione nel ricostruire una vicenda così delicata che lasciava veramente allibiti; senza scrupolo veniva messa in moto la solita macchina della diffamazione volta a dipingere i medici come persone capaci solo di ammazzare la gente  senza ricordarsi che le difficoltà del personale medico nel gestire il caso erano legate a tanti fattori: in primis l'atteggiamento del paziente, che rifiutava di collaborare e di curarsi, probabilmente perchè traumatizzato psicologicamente e fisicamente dalla violenza subita, inflitta in quel carcere dove dovrebbero stare chiusi (dietro le sbarre) i violenti e gli aguzzini: tutto si può dire di Stefano tranne che fosse un ragazzo avvezzo o abituato alla violenza.  Chi lavora in Ospedale sa bene quanto è difficile gestire un paziente che non collabora o che rifiuta le cure; a questo aggiungete (ma questo me lo immagino) la confusione che può regnare in un Ospedale Giudiziario, ove sicuramente (come tutti gli Ospedali) il personale lavorerà in sofferenza, costretto a visitare frettolosamente ed a difendersi da stanze strapiene di detenuti che ti stressano e fanno pressione per ottenere quel certificato che può permettergli di ottenere la scarcerazione per motivi di salute. Non nego che i medici qualche errore lo avranno fatto, ma sicuramente in buona fede, senza volere far del male al povero Stefano. Un errore che è nato da tanti fattori e coincidenze negative ma che rischia di diventare l'unico problema della questione. I medici coinvolti staranno vivendo un incubo: divorati dai sensi di colpa e da questo massacro mediatico; considerati dalla giustizia (anche in senso penale, rischiano 8 anni di carcere) e dalla stampa come dei criminali, ancora prima di essere condannati. Non so se lo stesso accadrà a quei personaggi (ancora ignoti) che hanno coscientemente massacrato Stefano, calpestandone volontariamente ogni diritto civile ed umano.


Per fortuna in questo clima folle di caccia alle streghe (medici) si è sollevata la voce della sorella di Stefano che, lucida più di tutti, ha gridato la sua rabbia di fronte a quello che sembra una sentenza già scritta. Non voglio strumentalizzare nessuno e vi invito a leggere direttamente quanto sostenuto da questa ragazza, da questa famiglia così per bene, obiettiva ed equilibrata, che cerca solo giustizia.
Anche io voglio giustizia e non l'ennesima ingiustizia verso dei colleghi che possono aver commesso degli errori di valutazione, ma senza cattiveria, senza interesse e probabilmente indotti anche da un'organizzazione sanitaria che è un problema, ma di cui nessuno parla: è sempre meglio sparare su persone col camicie bianco, così inermi e indifesi. Conviene e non ha affetti collaterali...se non per quei poveri cristi coinvolti che si trovano la vita distrutta. 

Sorella Cucchi: è un massacro